Papa Francesco non mi convince del tutto, pur apprezzando parecchie sue iniziative. Non ho capito perché, alla primissima apparizione, il papa neoeletto si era presentato senza la consueta mantellina, e perché si definiva reiteratamente “vescovo di Roma”. Credevo si trattasse solo di modestia, dote che indubbiamente fa parte del corredo caratteriale di Papa Bergoglio, ma sicuramente le ragioni erano ben più profonde ancorché del tutto sconosciute – ritengo – alla stragrande maggioranza dei cattolici.
Neppure ho apprezzato il suo richiamo ad “una Chiesa povera al servizio dei poveri”, dal momento che una Chiesa senza i mezzi non può né diffondere il Vangelo né aiutare chi ha bisogno; io sono per una Chiesa ricca al servizio dei poveri, la cui ricchezza non sia destinata naturalmente all’acquisto di auto blu piuttosto che di prodotti finanziari, ma orientata all’aiuto spirituale e materiale del prossimo.
D’altronde, se l’islam più fondamentalista si è rapidamente diffuso dai paesi del golfo in tutti gli altri stati ove è maggioranza, e persino tra i musulmani residenti in Occidente è solo grazie alle immense disponibilità finanziarie di sceicchi che galleggiano sul petrolio e sui petrodollari, ricchezze che se investite secondo logiche più “cristiane” avrebbero contribuito significativamente al benessere di tanti paesi africani ed asiatici, e sicuramente ridotto il numero di barconi diretti verso le nostre coste.
La ricchezza non è un male di per sé, dipende dall’uso che se ne fa: ma, forse, la formazione culturale di Papa Francesco risente ancora di un’impostazione pauperistica che nessuno, tra gli ultimi pontefici, ha dimostrato, neppure un papa come Woytila che di certo visse da cardinale in una diocesi povera, non potendo contare su contributi sostanziosi come i suoi colleghi vescovi al di qua della cortina. Può darsi che anche in questo caso io non abbia capito il vero messaggio di Bergoglio, e se è così gradirei che qualcuno me lo spiegasse.
Apprezzo, invece, lo sforzo dell’attuale pontefice riguardo la riorganizzazione dello Ior e della Curia, il suo richiamo rivoto ai religiosi ad una maggiore sobrietà di comportamento ed a rifuggire da tentazioni mediatiche e carrieristiche (esortazioni che, a mio parere, anche i laici dovrebbero fare proprie); apprezzo il fatto che egli abbia canonizzato i martiri di Otranto, oltre 800 persone barbaramente trucidate dagli ottomani per il loro rifiuto alla conversione all’islam; di Bergoglio apprezzo enormemente lo stile comunicativo, non teatrale (detto, per carità, senza disprezzo alcuno) come quello di Giovanni Paolo II°, ma immediato, sincero, genuino, non costruito. Il suo primo “buonasera” è certamente valso più di mille discorsi, spesso scritti da freddi ghost writers in clergyman.
Per quanto riguarda la visita di papa Francesco a Lampedusa, ritengo che sia stata del tutto inopportuna, ma non ne spiegherò le ragioni poiché altri mi hanno più autorevolmente preceduto; vorrei solo dire che, se quella dei migranti è una tragedia per la quale occorre che non solo l’Italia si muova, ancora più terribile è l’olocausto che si consuma, ogni anno, su centomila cristiani, la maggior parte dei quali perde la propria vita in quelle terre alle cui popolazioni maggioritarie il Papa a Lampedusa si è rivolto con l’espressione “o’ scià”.
Non ho dubbi sul fatto che Bergoglio consideri tale tremenda strage assai più grave dell’”indifferenza globalizzata”, però staremo a vedere se egli vorrà levare la sua voce, con risalto almeno pari a quello prodotto dalla sua visita a Lampedusa, per denunziare la difficilissima situazione di tanti cristiani in diverse aree africane ed asiatiche.
Non dispongo di statistiche, ma penso che l’operato di Papa Francesco abbia diviso e sconcertato una parte non marginale del mondo cattolico, ed alcuni più di altri.
Questo, però, non deve scoraggiarci ed allontanarci dalla Chiesa. I papi passano, la Chiesa resta. Ed i papi possono anche cambiare opinione. Dobbiamo far sentire la nostra voce all’interno della Chiesa, non al di fuori. Capisco che sia molto più facile, per un cristiano, dire “accogliamoli tutti” piuttosto che far notare che le nostre risorse non sono infinite e che il fenomeno dell’immigrazione va gestito e non subito, che l’immigrazionismo non può essere il solo modo per risolvere i problemi degli ultimi della Terra, però è anche vero che il ricorso alla ragione non è, a differenza di altre religioni, escluso dai nostri testi sacri, anzi!
Papa Benedetto XVI° ce lo ha infatti più volte confermato; e se anche verremo sommersi dalla melassa buonista e dalla carità pelosa di alcuni politici e prelati organici (ai partiti di sinistra), ricordiamoci dell’incoraggiamento che il precedente pontefice in più di un’occasione rivolse alle “minoranze creative”, vero motore del rinnovamento di una Chiesa che sta attraversando uno dei periodi più difficili della propria storia.