E’ stata approvata dal Parlamento Europeo a Strasburgo la relazione sulla “promozione e la protezione della libertà religiosa o di credo”. La votazione è avvenuta giovedì 13 giugno e si è conclusa con 372 voti a favore, 213 contrari e 26 astensioni da parte dei deputati europei.
L’opposizione di Magdi Cristiano Allam e di altri 212 deputati all’approvazione del documento non sono dunque bastati affinché il provvedimento venisse rigettato.
Tale relazione rivela ancora una volta la realtà assolutamente relativista esistente in seno all’Unione Europea, in cui, all’insegna del buonismo e del multiculturalismo, vengono demolite costantemente le fondamenta su cui si basa la nostra civiltà e si legittima con sempre maggiore forza l’islam all’interno della nostra civiltà a discapito delle nostre origini e dei nostri valori cristiani.
Infatti, oltre il titolo apparentemente positivo della relazione e un approccio che vuole connotarsi come tollerante e aperto alla difesa della libertà religiosa, all’interno della proposta approvata si delinea un quadro caratterizzato da assenza di regole da rispettare, apertura incondizionata a ogni espressione religiosa e ideologica a prescindere dal contenuto delle stesse, legittimazione dell’islam (sebbene mai esplicitamente nominato).
Basti leggere alcuni passaggi della relazione per comprendere questa realtà:
“considerando …omissis… che la discriminazione sulla base della religione o del credo continua a esistere in tutte le regioni del mondo, inclusa l'Europa e i paesi limitrofi, e che le persone appartenenti a particolari comunità religiose, tra cui le minoranze religiose e i non credenti, continuano a veder negati i propri diritti umani e sono regolarmente vittime di discriminazioni, arresti e condanne e talvolta, in molti paesi, vengono persino giustiziate a causa della loro religione o del loro credo”
Sin da queste premesse è possibile evincere che esiste una equiparazione tra realtà differenti e che non si effettua alcun distinguo tra le discriminazioni che portano a numerose stragi di cristiani in tutto il mondo e quella che è invece la realtà degli Stati europei.
Successivamente nell’enucleazione degli obiettivi della relazione si legge:
“La promozione del diritto alla libertà di religione o di credo e le misure volte a evitare le violazioni di tale diritto devono essere una priorità delle politiche esterne dell'UE; la mancanza di tolleranza religiosa, di apertura al dialogo e di convivenza ecumenica sfocia spesso in disordini politici, violenze e conflitti armati aperti, che mettono a repentaglio la sopravvivenza e compromettono la stabilità regionale
…omissis… occorre che gli orientamenti garantiscano la chiarezza delle definizioni utilizzate e la piena e adeguata protezione del diritto alla libertà di religione o di credo, conformemente al diritto internazionale nelle sue espressioni private e pubbliche nonché nella sua dimensione individuale, collettiva e istituzionale, ivi inclusi il diritto di credere o meno, il diritto di cambiare religione o credo, la libertà di espressione, riunione e associazione e il diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni morali, siano esse religiose o non religiose.”
Anche in questi passaggi emerge un contesto in cui si parla solo ed esclusivamente di libertà e di diritti a prescindere dal contenuto delle religioni e dei credi, dai valori e dai doveri. In tal senso l’Europa non afferma una propria linea identitaria precisa che funga da modello ed esempio. Ne deriva un quadro in cui viene legittimata la realtà dell’islam anche in Europa, in nome di una presunta tolleranza, proclamata con ipocrisia e sufficienza. Per giungere a tale legittimazione si adduce come pretesto la realtà di altri contesti e di altri religioni in cui realmente si verificano episodi di discriminazione e di intolleranza come avviene per i cristiani nel mondo.
Tale legittimazione dell’islam in Europa non viene effettuata solo sul piano ideologico, ma anche su quello concreto e istituzionale, come è possibile evincere dal testo della relazione che segue:
“Libertà di espressione
occorre sottolineare negli orientamenti che una componente indispensabile della libertà di religione o di credo è il diritto di ciascun individuo di manifestare detta libertà da solo o insieme ad altri; tale diritto comprende:
– la libertà di culto o di riunione in relazione a una religione o a un credo, nonché la libertà di istituire e mantenere luoghi e siti religiosi per queste finalità;
– la libertà di creare e mantenere idonee istituzioni religiose, mediatiche, educative, sanitarie, sociali, caritatevoli o umanitarie;
– la libertà di chiedere e ricevere contributi finanziari volontari e di altro tipo da persone e istituzioni;
– la libertà di formare, nominare, eleggere o designare per successione gli opportuni leader previsti dai requisiti e dalle norme di una religione o di un credo;
– la libertà di instaurare e mantenere i contatti con persone e comunità a livello nazionale e internazionale in relazione a questioni riguardanti la religione e il credo; analogamente, negli orientamenti andrebbe sottolineato che il diritto a esercitare la religione insieme ad altri (nel contesto del quale si devono sempre rispettare le libertà individuali) non dovrebbe essere indebitamente limitato ai luoghi di culto ufficialmente riconosciuti, e che tutte le restrizioni ingiustificate alla libertà di riunione dovrebbero essere condannate dall'UE; gli orientamenti dovrebbero rimarcare che gli Stati hanno il dovere di rimanere neutrali e imparziali nei confronti dei gruppi religiosi, anche per quanto riguarda il sostegno simbolico o finanziario.”
In questo modo si arriva a legittimare la proliferazione delle moschee in Europa, oltre che di altre istituzioni volte a rafforzare la presenza massiva dello stesso islam in Europa, con una sempre maggiore diffusione e interconnessione con altre realtà presenti in Paesi terzi, con le quali ne viene favorito l’interscambio. Le ripercussioni ricadrebbero anche nel tessuto sociale e nella crescita delle nostre generazioni future per le quali viene preclusa la possibilità degli Stati di dare una impronta alla istruzione e alla cultura nel nostro Paese e si arriva a garantire una morale che varia a seconda del credo religioso (come se fossero ammesse anche morali differenti):
“come stipulato dalle norme riconosciute a livello internazionale, i genitori o i tutori legali hanno la libertà di assicurare che i figli ricevano un'istruzione religiosa e morale in linea con le loro convinzioni, e il bambino non dovrà essere costretto a ricevere insegnamenti in materia di religione o credo contro la volontà dei genitori o dei tutori legali, secondo il principio guida dei migliori interessi del minore; il diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose o non religiose include il diritto a rifiutare qualsiasi intromissione indebita nella loro educazione da parte di soggetti statali o non statali che contrasti con le loro convinzioni religiose o non religiose”
Infine, si concede anche la possibilità di garantire la diffusione di organizzazioni religiose non registrate, circostanza questa che permetterebbe il proliferare incontrollato di realtà organizzate pericolose per la nostra sicurezza:
“l'UE dovrebbe intervenire laddove gli obblighi di registrazione imposti alle organizzazioni religiose o legate a un credo limitino indebitamente la libertà di religione o di credo; la registrazione non dovrebbe essere intesa come un requisito necessario per godere del diritto alla libertà di religione o di credo, in quanto questo diritto non può essere subordinato a obblighi amministrativi o giuridici”
Tutto ciò si tramuta insomma in un quadro buonista, relativista, multiculturalista che rende l’Europa ancor più una terra di conquista, in cui tutto è reso possibile grazie alla presenza di soli diritti e libertà, in assenza di doveri e di valori chiari e definiti a cui ispirarsi e da rispettare.
Siamo di fronte a una Europa incapace di affermare se stessa e di stabilire una propria identità culturale, sociale, valoriale, su cui imperniare una civile convivenza che rispetti la nostre origini e le nostre tradizioni.
In questo modo apriamo ancor di più le nostre porte, facendo perdere le certezze e i punti di riferimento per le nuove generazioni, consentendo a tutti di affermare le proprie consuetudini, prescindendo dalla bontà delle stesse, come se i valori su cui si basano la religione cristiana e quella islamica fossero gli stessi.
Eppure questa apertura incondizionata e questo relativismo viene attuato solo a casa nostra, in Europa, e non in quei Paesi verso cui ci mostriamo ipocritamente così tolleranti e benevoli, nascondendosi dietro nobili ideali e ottimi propositi. Ma si sa, questa ipocrisia non è di casa ovunque e questo dovrebbe farci riflettere.