La politica monetaria e fiscale fortemente espansiva del Giappone, denominata Abenomics e voluta dal Premier Shinzo Abe insediatosi alla guida del Paese nello scorso dicembre, inizia a dare i suoi frutti.

In totale controtendenza rispetto alle politiche di austerità europee, infatti, il Giappone ha promosso una serie di misure che mirano a una rapida crescita economica e che grazie anche alla svalutazione dello yen hanno permesso di raggiungere un rialzo del Pil nel primo trimestre del 2013 pari allo 0,9% sui tre mesi precedenti e del 3,5% su base annualizzata, addirittura oltre rispetto alle previsioni fissate rispettivamente allo 0,7% e al 2,8%.

Il ministro delle Politiche economiche e fiscali Akira Amari ha spiegato che questo altro non è che l'inizio di una ripresa che porterà a fine anno a una crescita del 2,5%.

Tutto ciò è stato possibile grazie alla decisione del Premier Abe che ha disposto un rilascio di liquidità pari a oltre mille miliardi di dollari, contestualmente a una svalutazione dello yen, con l'obiettivo di mantenere il tasso di inflazione pari al 2%.

Intanto si è registrata anche una notevole crescita dei listini della Borsa di Tokyo giunti ai massimi da dicembre 2007 (+44% nel 2013).

Queste misure hanno innescato una spirale di crescita produttiva, di esportazioni e di nuovi consumi che sono aumentati complessivamente dello 0,9%, con le famiglie che hanno speso il 5,2% in più nel mese di marzo nel 2013 e con le vendite dei prodotti di largo consumo aumentate del 3,9%.

Insomma, le performance dell'economia Giapponese nel primo trimestre del 2013 sono state addirittura superiori rispetto a quelle dell'economia americana e sono distanti anni luce rispetto alla recessione dei Paesi dell'Eurozona tra cui la Francia con un calo del -0,2% e dell'Italia che sprofonda a -0,8%.

Emergono dunque in modo lampante le differenze tra i due differenti modelli economici, europeo e giapponese, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che nel Paese nipponico il rapporto tra debito pubblico e Pil è pari al 236% e il deficit al 10%. Valori questi che sarebbero eccessivi per tutti i limiti imposti dai trattati europei e di cui tuttavia il Giappone non tiene conto.

Forti della propria sovranità monetaria, della possibilità di emettere moneta e svalutarla regolando la propria inflazione i giapponesi riescono a dare impulso vitale alla propria economia reale, senza subire continuamente le imposizioni e le limitazioni derivanti dalla finanza speculativa.

L'Europa e l'Italia dovrebbero prendere esempio dalla realtà giapponese, accettare il fallimento delle politiche di rigore e di austerity e uscire dalla spirale recessiva ripartendo dal riscatto della sovranità monetaria. Solo così l'Italia potrà tornare a essere finalmente artefice del proprio destino.