Il 10 novembre il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha affermato: «Non ci sono parole per descrivere la guerra genocida e la distruzione israeliana inflitte al nostro popolo palestinese a Gaza, con palese disprezzo per il diritto internazionale». 

Il 16 novembre le Nazioni Unite hanno pubblicato un comunicato che riprende la valutazione fatta dai suoi esperti: «Le gravi violazioni commesse da Israele contro i palestinesi all’indomani del 7 ottobre, in particolare a Gaza, indicano un genocidio in atto. Ci sono prove di un crescente incitamento al genocidio, dell’intento palese di distruggere il popolo palestinese sotto occupazione, di forti appelli per una seconda Nakba a Gaza e nel resto del territorio palestinese occupato e dell’uso di armi potenti con impatti intrinsecamente indiscriminati, con conseguente colossale numero di vittime e distruzione delle infrastrutture di sostentamento della vita».

Il 21 novembre “Il Manifesto”, in un'intervista di Chiara Cruciati a Francesca Albanese, Relatrice speciale dell'Onu per la situazione nei Territori occupati palestinesi, alla domanda: «Nell’ultimo comunicato dei relatori speciali, gli esperti indipendenti e i gruppi di lavoro Onu si parla di crescente incitamento al genocidio nella Striscia di Gaza. Quali elementi dimostrano intenzioni genocidarie da parte di Israele?».
La Relatrice dell'Onu risponde: «In comunicati precedenti abbiamo parlato di grave rischio di genocidio, nell’ultimo di un genocidio in divenire. Ai sensi della Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, deve essere presente “l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso», attraverso atti come uccisione e lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo e il sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale”. L’intento di distruggere un gruppo in tutto o in parte si evince dai comunicati e dalle politiche e dalla connessione tra ciò che dicono i leader e ciò che fanno gli esecutori materiali, ovvero i soldati. Elementi sono le dichiarazioni dei militari sul campo che dicono di avere l’ordine di distruggere, scacciare e colonizzare, dei rappresentanti del governo che dicono che i palestinesi sono tutti terroristi o tutti animali e quindi devono pagare, ma soprattutto l’intenzione dichiarata dello sfollamento da nord a sud e poi da est a ovest. C’è un intento eliminatorio molto forte. Al cuore sta il legame tra l’intenzione dichiarata e la capacità di portare a termine quell’intenzione.»

Il 7 novembre è stato pubblicato un “Appello da parte di accademici e accademiche italiane per chiedere un'urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale”. In 48 ore ha raccolto l'adesione di 3.862 accademici. Vi si legge: «Come membri della comunità accademica e di ricerca italiana, da molti anni assistiamo con dolore e denunciamo ciò che accade in Palestina e Israele, dove vige, secondo Amnesty International, un illegale regime di oppressione militare e Apartheid. Ancora una volta, ci sentiamo atterriti e angosciati dal genocidio che sta accadendo a Gaza».

Nelle manifestazioni in Italia e in Europa che vedono in prima fila giovani islamici e non musulmani di estrema sinistra e di estrema destra, così come nelle occupazioni delle università, vengono scanditi slogan e esibiti striscioni con la scritta: “Stop al genocidio del popolo palestinese”.
 
Nella “Enciclopedia dell'Olocausto” si legge: «Il termine “genocidio” non esisteva prima del 1944. Si tratta di un termine molto specifico, che indica crimini violenti commessi contro determinati gruppi di individui con l’intento di distruggerli. 
Nel 1944, un avvocato ebreo polacco, Raphael Lemkin (1900-1959), cercò di descrivere le politiche naziste di sterminio sistematico che prevedevano anche la distruzione degli ebrei europei. Egli coniò la parola “genocidio” unendo il prefisso geno-, dal greco razza o tribù, con il suffisso -cidio, dal latino uccidere. Nel proporre questo nuovo termine, Lemkin aveva in mente “l’insieme di azioni progettate e coordinate per la distruzione degli aspetti essenziali della vita di determinati gruppi etnici, allo scopo di annientare i gruppi stessi”. L’anno seguente, il Tribunale Militare Internazionale, che aveva sede nella città tedesca di Norimberga, accusò alcune tra le massime autorità Naziste di “crimini contro l’umanità”. La parola “genocidio” venne inclusa nell’atto d’accusa, ma solo come termine descrittivo, senza autentico valore legale.
Il 9 dicembre 1948, sull’onda dell’Olocausto, e anche in gran parte grazie agli instancabili sforzi di Lemkin stesso, le Nazioni Unite approvarono la Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio. In tale convenzione, il genocidio viene definito crimine internazionale, che gli stati firmatari “si impegnano a combattere e punire“. Inoltre, essa contiene la seguente descrizione di genocidio:
Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
(a) uccisione di membri del gruppo;
(b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
(c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
(d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;
(e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.»

Con l'approvazione della Convenzione sul genocidio e attraverso l'azione dei tribunali speciali appositamente istituiti e della Corte penale internazionale, i casi storici in cui è stato recentemente riconosciuto il crimine di genocidio a livello internazionale sono in particolare: la guerra in Bosnia ed Erzegovina nell'ambito delle guerre jugoslave; il genocidio del Ruanda; il genocidio cambogiano.
Il genocidio per eccellenza è stata la Shoah, l'Olocausto. La Shoah, l'eliminazione di circa 6 milioni di ebrei pari ai due terzi degli ebrei d'Europa, venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte delle strutture di potere burocratiche del regime, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con l'inizio dell'eliminazione fisica soprattutto nei campi di sterminio, strutture di annientamento appositamente predisposte in cui attuare quella che i nazisti denominarono “soluzione finale della questione ebraica”. L'annientamento degli ebrei nei centri di sterminio rappresenta secondo la maggior parte degli storici un unicum nella storia umana, per le sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista.

Oltre che con gli ebrei, i nazisti promossero lo sterminio di altri gruppi etnici quali i rom e sinti, gruppi religiosi quali i testimoni di Geova, contro gli omosessuali, gli oppositori politici e i prigionieri di guerra, in particolare sovietici, i disabili e i malati di mente, e contro la popolazione civile dei paesi conquistati, in particolare polacchi, ucraini, russi e bielorussi, per un totale di altri 11 milioni di vittime.

Il primo genocidio dello scorso millennio è stato il genocidio armeno, perpetrato dal Califfato islamico turco-ottomano tra il 1915 e il 1919, con circa 1,5 milioni di armeni cristiani uccisi e l'eliminazione di ogni traccia della loro presenza nell'Anatolia. È stato il primo caso moderno di persecuzione sistematica e di sterminio pianificato di un popolo, da cui Lemkin partì per la definizione del crimine di genocidio.

Contemporaneo alla massiccia persecuzione degli armeni fu il genocidio dei cristiani assiri, caldei e siriaci da parte del governo dei Giovani Turchi e dagli alleati curdi nelle province orientali ottomane. Secondo alcune stime durante la repressione turca furono uccisi da 200.000 fino a più di 250.000 assiri e altri cristiani.

Nello stesso periodo e fino almeno al 1923, oggetto di pesanti persecuzioni da parte degli islamici turco-ottomani furono le popolazioni di origine greca, in particolare i cristiani ortodossi abitanti la regione anatolica del Ponto, sulle coste del Mar Nero,  con lo sterminio di circa 350.000 greci.

Probabilmente il genocidio più ingente e più taciuto della Storia è quello dei nativi americani, gli indiani d'America, perpetrato dai colonizzatori europei dal XV secolo fino alla fine del XIX secolo.Si stima che tra i 55 e i 100 milioni di nativi morirono a causa dei colonizzatori, come conseguenza delle guerre di conquista, della perdita del loro ambiente vitale, delle modifiche forzate del loro stile di vita e a causa di malattie contro cui non avevano difese immunitarie, ma anche a causa di azioni di deliberato sterminio.

Tornando al cosiddetto “genocidio del popolo palestinese”, partiamo dal dato che su una popolazione di 2.166.269 abitanti della Striscia di Gaza, dopo quasi sette settimane dall'attacco terroristico di Hamas sferrato il 7 ottobre, costato la vita a 1400 israeliani ebrei e la deportazione di altri 240, il totale delle vittime palestinesi, denunciate da Hamas che è una fonte assolutamente non affidabile, è di circa 13 mila morti, pari allo 0,6% della popolazione. La vita di ciascuna persona andrebbe salvaguardata e ogni omicidio andrebbe prevenuto. Tuttavia qualsiasi evento va contestualizzato nella sua specificità storica e spazio-temperale. Tutte le guerre della Storia hanno comportato il coinvolgimento e l'uccisione di civili, anche se Israele ha scelto una strategia militare finalizzata, per un verso, a sconfiggere ed eliminare Hamas, per l'altro a non coinvolgere e uccidere i civili. 

Le operazioni militari israeliane all'interno della Striscia di Gaza avvengono in questo quadro reale: 
La Striscia di Gaza ha una superficie di 365 kmq, è popolata da 2.166.269 abitanti, dei quali 1.240.082 hanno lo status di “rifugiati palestinesi”. La densità della popolazione è di 5.935 abitanti per kmq.  Quasi l’80% della popolazione ha meno di 30 anni. I bambini sono il 47% della popolazione. Limitatamente alla Città di Gaza, il capoluogo della Striscia, ha una superficie di 45 kmq, ha una popolazione di 590.481 abitanti, con una densità di 13.121 abitanti per kmq.
In questo contesto territoriale, che registra una densità di popolazione tra le più elevate al Mondo, in cui la popolazione è per oltre i due terzi formata da giovani e per quasi la metà da bambini; in cui i terroristi di Hamas usano i civili come scudi umani, obbligandogli, pena la loro eliminazione fisica, a restare nelle aree dove sono in corso delle operazioni militari, preannunciate da Israele con l'appello ad allontanarsi, soccombono anche i civili palestinesi, pur essendo l'obiettivo dichiarato da Israele la sconfitta dei terroristi di Hamas e non il «genocidio del popolo palestinese».
   
In un'intervista concessa l'8 novembre al New York Times, Khalil al-Hayya, membro del Direttivo politico, e Taher El-Nounou, responsabile per la Comunicazione di Hamas, hanno detto:
«Ciò che avrebbe potuto cambiare l'equazione era un grande atto e, senza dubbio, si sapeva che la reazione a questo grande atto sarebbe stata grande».
«Dovevamo dire alla gente che la causa palestinese non era morta. L'obiettivo di Hamas non è governare Gaza e portarle acqua, elettricità e cose del genere. Questa battaglia non è avvenuta perché volevamo carburante o manodopera, non cercava di migliorare la situazione a Gaza. Questa battaglia mira a ribaltare completamente la situazione. Provocare uno stato di guerra con Israele permanente su tutti i confini affinché il Mondo arabo sia costretto a schierarsi al nostro fianco».
Per Hamas, per ammissione dei suoi stessi dirigenti, le migliaia di palestinesi che muoiono nella prevedibile reazione militare d'Israele, sono un prezzo di sangue voluto e ricercato per aizzare la comunità internazionale contro Israele, per criminalizzare gli israeliani e gli ebrei ovunque nel mondo, con lo scopo dichiarato di provocare uno «stato di guerra permanente», che sfoci nella distruzione dello Stato di Israele, realizzando finalmente, per la prima volta nella Storia, uno “Stato della Palestina” esteso “dal fiume al mare”, ovvero dal Giordano al Mediterraneo, cancellando Israele dalla carta geografica.

Cari amici, andiamo avanti sulla retta via a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l'aiuto del Signore insieme ce la faremo a realizzare il miracolo per far rinascere la nostra civiltà, salvare gli italiani, riscattare l'Italia.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore della Comunità “Casa della Civiltà”

Martedì 22 novembre 2023