Cari amici buongiorno. Mi auguro di cuore che stiate bene in salute fisica, mentale e spirituale.
Mercoledì scorso, 2 agosto, a Casal di Principe, in Provincia di Caserta, una donna marocchina di 40 anni, è stata sorpresa mentre gettava nel bidone dell'immondizia un sacchetto al cui interno è stato rinvenuto il feto di circa 20 settimane, abortito con l'assunzione di un antinfiammatorio, i cui effetti collaterali includono anche l'aborto.
La donna marocchina, senza un regolare permesso di soggiorno, svolgeva comunque l'attività di badante di una anziana signora italiana.
Il pubblico ministero della Procura presso il Tribunale di Napoli Nord, ha ordinato il fermo della donna con l'accusa di «infanticidio».

Al riguardo faccio tre riflessioni.
La legge consente l'aborto anche a circa 20 settimane di gestazione. Nel sito dell'Istituto Superiore di Sanità si legge: 
«Oggi in Italia qualsiasi donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
L’Ivg può essere praticata dopo i primi 90 giorni quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della donna.».

Il limite di 90 giorni, nella Relazione della maggioranza parlamentare che varò la legge 194 del 1978, si spiega con la convinzione che dopo il 90esimo giorno il feto sia completamente formato, in particolare: «1) Che la gravidanza non può essere interrotta quando il feto abbia raggiunto la propria autonomia dal corpo della madre; 2) Che questa autonomia si presenti nel momento in cui la placenta può considerarsi completamente formata.»
Da ciò deduciamo che, secondo la legge 194, l'aborto dopo i 90 giorni corrisponde alla soppressione di una creatura completamente formata, ciò che in termini giuridici è considerato il reato di “infanticidio”.

Per quanto concerne il reato di “infanticidio”, l'articolo 578 del Codice Penale, recita:
«La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni». 

La conclusione che traiamo è la seguente: se la legge, in casi particolari, legittima l'aborto anche a circa 20 settimane di gestazione, qualora questi casi particolari dovessero sussistere nella vicenda specifica della donna marocchina, ci troveremmo di fronte a una situazione giuridica singolare, in cui il reato non è tanto l'aborto che la legge stessa considera un infanticidio, ma la modalità con cui è stato praticato l'aborto, ovvero con l'assunzione di un antinfiammatorio anziché dei farmaci abortivi specifici con l'assistenza della struttura sanitaria pubblica. Il risultato sostanzialmente non cambia. In entrambi i casi la legge legittima l'infanticidio, ma lo considera lecito solo se praticato nel contesto della sanità pubblica.

La terza riflessione concerne l'incolumità fisica della donna marocchina, presumibilmente musulmana, che ha abortito. Non è stata ancora resa nota l'identità dell'uomo che l'ha messa incinta. Il fatto è rilevante per la sua incolumità fisica, qualora lei fosse sposata e avesse avuto un rapporto sessuale con un altro uomo, tenendo presente che l'adulterio è sanzionato con la condanna a morte nell'islam. 

Cari amici, questa vicenda mette a nudo la crudeltà e la spietatezza della legge dello Stato che legittimando l'aborto, di fatto legittima l'infanticidio. A maggior ragione se consideriamo che in realtà, la vita del nascituro sussiste dal concepimento. In natura si può essere “animati” o “inanimati”. Il feto è indubbiamente “animato”, perché è solo da un essere animato, seppur in fase di crescita, che può svilupparsi una persona viva completamente formata. Ecco perché, noi consideriamo l'aborto, che corrisponde all'uccisione del neonato nel grembo materno, come il più efferato crimine dell'umanità. E, di conseguenza, affermiamo a viva voce il rispetto della sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore e Presidente della Comunità “Casa della Civiltà”

Martedì 8 agosto 2023