La legge Bossi-Fini è senz’altro uno dei (pochi) successi del centrodestra. Innanzitutto perché era impostata sul criterio della convenienza (criterio sostenuto anche dal prof. Panebianco in un recente articolo sul Corriere, editoriale che oltre a tante critiche da parte delle anime belle gli è valso un’aggressione comunista da parte dei soliti parassiti violenti dei centri sociali), ed inoltre perché mandava in soffitta quel pasticciaccio della Turco-Napolitano che mirava unicamente al rinfoltimento dell’elettorato sempre più esiguo della sinistra.

Il reato di immigrazione clandestina, uno dei punti qualificanti della Bossi-Fini, fu naturalmente contestato a sinistra ma, anche a destra, suscitò più di una perplessità. Ora, fintanto che le espulsioni dei clandestini potevano avvenire in modo immediato, la legge poteva ritenersi applicata; ma i poteri forti della sinistra, in tale occasione impersonati dai magistrati politicamente corretti, svuotarono di fatto l’efficacia della legge nel rimpatriare chi era privo del permesso di soggiorno.

Infatti, non senza qualche appiglio giuridico, la Corte costituzionale stabilì che il clandestino dovesse subire un processo prima dell’accompagnamento alla frontiera; ma, di fatto, quei giudici consentirono ai clandestini di soggiornare a lungo indisturbati nel Belpaese, visti i tempi biblici della giustizia di casa nostra. E con la possibilità di una qualche futura sanatoria.

Inoltre - e qui non possiamo che ammirare l’opera di quelle menti raffinatissime -, creando i presupposti per un aumento sensibile della popolazione detenuta la sinistra aveva buon gioco nell’accusare la destra di favorire l’affollamento carcerario e, una volta ripreso il potere (come oggi), sfruttare una situazione di disagio che essa stessa aveva causato come alibi per un’urgente riforma della legge sull’immigrazione.

Piuttosto che agire con una modifica costituzionale che avrebbe rimesso le cose a posto, il centrodestra preferiva evidentemente tenersi una legge sbagliata per incolparne la sinistra durante la successiva campagna per le votazioni. Un po’ come il problema del conflitto di interessi, sempre sbandierato ma mai seriamente affrontato dalla sinistra in quanto da essa considerato argomento elettorale convincente.

Ma veniamo ai giorni nostri. La sinistra non poteva disattendere oltre certe promesse elettorali, pressata senza sosta dall’inutile (quantomeno) ministro della Disintegrazione Kyenge, dalla schieratissima presidenta super partes lady Boria Boldrini, dagli ultimi due segretari del PD e da tutto il mondo del no profit buonista, e quindi in men che non si dica è stata modificata la legge che prevede il reato di immigrazione clandestina.

Ma, poiché l’attuale è sempre un governo di coalizione ancorché assai sbilanciato, si è raggiunto un compromesso con gli ex-pdl leali all’esecutivo: il reato rimane, ma riguarda soltanto la recidiva.

Che capolavoro! Tutti sono soddisfatti: in primis la sinistra con il duo Kyenge-Boldrini, quindi Alfano & c. che hanno evitato lo stravolgimento della precedente legge, ma anche l’opposizione di destra a cui non sembra vero aver ricevuto un assist così prezioso da sfruttare a breve. Ed infine la magistratura, che avrà più tempo e risorse per occuparsi dei processi ai propri nemici politici.

Ma, a ben guardare, si è trattato di una pura operazione gattopardesca. Nulla cambia nella sostanza, almeno per gli italiani. Il numero dei clandestini continuerà ad aumentare come prima, non credo più di prima: infatti, ciò che scoraggia i migranti irregolari a sbarcare sulle nostre coste non è certo il carcere italiano, dal quale comunque uscirebbero in tempi non lunghi, ma la probabilità del rimpatrio, che è rimasta la stessa anche dopo la recente modifica alla Bossi-Fini.

Pertanto, è stato investito del prezioso tempo in un’iniziativa del tutto irrilevante. Mentre sempre più i nostri giovani migliori, senza che qualcuno si occupi di loro, attraversano le Alpi quando non l’oceano.