Ieri è stata la prima domenica dell'Avvento. Nelle chiese cattoliche è presente una corona fatta di rami di pino, edera e bacche con quattro candele e durante la giornata di ieri si è tenuta una accesa una, domenica prossima se ne tengono accese due e così via. Questa è l'attesa liturgica del Natale. L'attesa casalinga si fa con il calendario dell'Avvento che ha 24 caselle (o 24 sacchetti) ognuno con una piccola sorpresa. 

Natale vuol dire che è nato qualcuno, sottolineo questi particolari in modo così didascalico perché sono informazioni non più così condivise. Il Natale è la straordinaria festa con cui nella cristianità si festeggia la nascita di Gesù. È una festa cristiana e sul cristianesimo è basata la civiltà europea. Potete essere liberi pensatori, ma restate figli di questa civiltà, nipoti di nonni, bisnonni e trisnonni che aspettavano il Natale contando i giorni e una civiltà non deve mai rinnegare se stessa e il proprio passato, quando lo fa commette un etnocidio. La civiltà che abbia rinnegato la propria storia e il proprio culto smette di essere vitale e comincia il processo di estinzione.

Quindi facciamo il presepe. Appartiene al nostro cuore, appartiene alla nostra cultura, alla nostra arte. Facciamolo nelle scuole, a maggior ragione se ci sono bambini di altre civiltà e altre terre. Quei bambini sono venuti qui per integrarsi alla nostra civiltà, quindi questa civiltà è il caso di presentargliela, e quale miglior biglietto da visita del presepe, pace in terra agli uomini si buona volontà. Molti di quei bambini studieranno al liceo e quindi conosceranno Dante, altri studieranno storia dell'arte. Non raccontare ai nuovi venuti cosa è il pilastro della civiltà dove devono entrare è tenerli fuori, lasciarli accoccolati sullo zerbino, esclusi. Un gesto di violenza.
Quindi il presepe fatelo, fatelo nelle scuole, fatelo a maggior ragione per quelli venuti da fuori proprio perché non restino fuori.