Diceva Martin Luther King: alla fine, ricorderemo non le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici.  Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste.

Il terrorismo contro civili è un minuscolo gesto genocidario, un campo di sterminio portatile. Tutti sono colpevoli, a prescindere, tutti sono meritevoli di morte.

Il terrorismo si nutre di consenso. Di denaro, certo e fiumi di denaro lo stanno sorreggendo, ma prima ancora di consenso. L’inganno universale è che il terrorismo nasca dalle angherie che un popolo ha subito o crede di avere subito, quindi chi subisce il terrorismo è “colpevole” di aver reso infelice qualcuno al punto da averlo spinto a diventare terrorista.

Entro continuamente nelle scuole, scuole elementari, medie, licei, università e in continuazione trovo appesi ai muri cartelloni o icone di consenso al terrorismo, che viene visto come una reazione ad un’ingiustizia.

È per questo che sto scrivendo queste righe.

La causa del terrorismo è una sola: vivere un cultura di morte. Non esiste un terrorismo tibetano, non esiste un terrorismo armeno, non esiste un terrorismo copto. Non è esistito un terrorismo ebraico: usciti dai campi di sterminio uomini e donne che avevano subito dei tutto non hanno fatto saltare in aria autobus a Berlino o Roma.

Perché le culture di vita amano la vita.

Il terrorismo è cultura di morte. Non reazione all’ingiustizia, non mezzo di guerra: solo cultura di morte.

Spezziamo, noi, oggi questa cultura di morte.

Chi giustifica il terrorismo compie un doppio crimine: contro la vittima, contro chi la piangerà, contro i suoi figli, contro sua madre e suo padre, contro il suo popolo, i suoi fratelli.

Ma, ancora più grave, è il secondo crimine, quello contro il terrorista, che viene privato della colpa, quindi della sua umanità.

Dove non c’è colpa, non può esserci redenzione. Dove non c’è colpa perché è giustificata non c’è più anima.

Chi giustifica il terrorismo, commette un crimine contro Dio, avrebbe detto Edith Teresa Stein, contro l’umanità avrebbe detto Steinbeck.

Un muro di disapprovazione e disprezzo: e il terrorismo morirà. Morirà in due settimane, perché il consenso è il suo nutrimento.

Facciamo noi il miracolo.

Noi.

Oggi.

Possiamo farcela.

Facciamolo.

Per il popolo di Israele, che dopo duemila anni di persecuzioni atroci deve vivere in pace.

Per i cristiani che muoiono a decine di migliaia nei luoghi dove sono una minoranza.

Ma soprattutto per i palestinesi e per tutti i popoli che si stanno macchiando di terrorismo: che ritrovino la loro anima, perché un popolo che fa vivere i propri bambini in una cultura di morte, che inculca loro il sogno di morire da terrorista suicida, è un popolo che ha perso la sua anima. Un popolo che balla per strada per festeggiare la distruzione di un bus scolastico e del suo carico è un popolo che ha perso la sua anima.

Il destino dell’uomo è di avere un anima.

Il destino dell’uomo è di vivere in pace.

Pace in terra agli uomini di buona volontà.

Diventiamo noi, oggi, ora, tutti, gli uomini di buona volontà.