Il multiculturalismo è il contrario dell’integrazione. Nell’integrazione le persone immigrate si adeguano e si integrano alla cultura che li accoglie, che verrà modificata nella sue parti più esterne, diventando più variopinta, ma non deve essere toccata nella sua struttura. Nel multiculturalismo culture diverse stanno una di fianco all’altra senza possibile integrazione, ognuna rinchiusa nel suo rancore e nel suo vittimismo, senza integrazione. Dove non c’è integrazione il fenomeno non è migratorio, ma si tratta di un’invasione. Il popolo di accoglienza sta perdendo la sua cultura.
La cultura dell’Europa è:
1- La cultura che afferma la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, senza nessuna possibile eccezione e deroga.
2- La cultura che afferma la parità giuridica tra uomo e donna, dove quindi sia impensabile che il diritto di famiglia delle famiglie musulmane sia giudicato in maniera differente da quelle non musulmane, come sta attualmente avvenendo nella multiculturale Gran  Bretagna dove il diritto di famiglia delle famiglie islamiche è giudicato da tribunali di famiglia islamici, secondo la sharia e non secondo la legge inglese. Dobbiamo creare un’Europa dove sia impensabile che ginecologi maschi non possano seguire partorienti, come sta normalmente succedendo nelle multiculturali Francia, Svezia, Gran Bretagna e Belgio. Dobbiamo creare un’Europa dove sia impensabile che siano equiparate alle scuole pubbliche scuole private dove si insegna l’inferiorità biologica ed etica della donna rispetto all’uomo, come normalmente avviene nelle multiculturali Gran Bretagna, Belgio e Norvegia. Dobbiamo creare un’Europa dove sia impensabile che donne non islamiche siano costrette a indossare il velo islamico quando entrano nei quartieri islamici, come le poliziotte inglesi, alle quali già da due anni è stato assegnato il velo islamico d’ordinanza. Dobbiamo creare un’Europa dove non sia pensabile che donne non islamiche, come le addette alla sorveglianza e al salvataggio di piscine pubbliche, statali o comunali, le bagnine, siano costrette a indossare indumenti che le coprano interamente, inclusa la testa, il cosiddetto burkini, nelle ore in cui la piscina è di utenza islamica.
3- La cultura che afferma la parità di dignità indipendentemente dalla religione, e che sia quindi impensabile che alcuni siano ritenuti inferiori da altri, infedeli, e quindi privi del rispetto, e che l’autorizzazione alla mancanza di rispetto venga insegnata non solo in scuole coraniche, ma addirittura in scuole di centri islamici parificati, come avviene attualmente nelle scuole islamiche in Gran Bretagna, Belgio e Norvegia, dove vengono usati libri di testo che sanciscono l’inferiorità e la malvagità del popolo ebraico e di tutti i suoi appartenenti. Queste scuole sono in tutto e per tutto parificate alle scuole statali.
4- La cultura che afferma l’integrità della persona umana e che vieti qualsiasi  mutilazione. Dove quindi sia espressamente vietato che in scuole private islamiche parificate venga insegnato il taglio della mano e del piede ai ladri, con libri di testo editi in Arabia Saudita come sta attualmente accadendo in Gran Bretagna e Belgio.
5- La cultura dell’Europa, quella cui tutti devono integrarsi, è la cultura che garantisce il diritto della adultere a non essere lapidate. Sapete anche io ho ritenuto per anni, era questa la vulgata corrente, che la convivenza fosse possibile, anzi auspicabile, che multiculturalismo fosse una bella parola. Ricordo qualche anno fa, alla televisione della Svizzera francese un signore distinto che parlava un francese impeccabile, Hani Ramadan, fratello del più noto Tariq, spiegare che la lapidazione dell’adultera è una necessità, una necessità dolorosa, certo, una pratica penosa, certo, ma indispensabile. I commentatori svizzeri annuivano gravemente. Mi sono resa conto che il distinto signore con il suo impeccabile francese parlava anche di me. Prima di sposarmi io e il amato marito, abbiamo fatto qualche birichinata: i rapporti prematrimoniali sono adulterio, e restano adulterio anche se poi ci siamo sposati. Quindi anche io rientro nel numero delle adultere. Il distinto signore spiegava come sia giusta la mia morte e i due idioti annuivano. Bene signori, la mia spassionata opinione è che chiunque trovi corretta la mia esecuzione è un maledetto e ridicolo cialtrone e come tale vada trattato. Voi siete disposti a tollerare la mia lapidazione? No? E allora anche voi siete contrari al multiculturalismo.
Alziamoci in piedi e gridiamolo. Gridiamolo insieme agli intellettuali islamici, quelli veri Salman Rushdie, Hirsi Ali, Chahdortt Djavann, Souad Sbai: sono tutte persone che girano con la scorta e rischiano la vita e ci informano come il delirio multiculturalista stia condannando a morte i dissidenti dell’islam e la loro speranza di vivere liberi.
La cultura dell’Europa, quella cui tutti devono integrarsi, è la cultura che garantisce il diritto di una donna di scegliere il proprio sposo e dato che la scelta è una capacità adulta, la sposa deve essere una donna e non una bambina. La cultura dell’Europa, quella cui tutti devono integrarsi, è la cultura che vieta lo stupro. Stupro è anche l’introduzione del pene di un uomo nella vagina di una donna o, peggio, di una ragazzina o di una bambina con il consenso dei genitori di lei, dell’imam, della cognata, dei cugini, dei fratelli, of course, ma non della proprietaria della vagina. Quando la proprietaria della vagina non è contenta, non consenziente, si chiama stupro. La cultura europea cui TUTTI coloro che hanno l’onore di mettere i piedi su questo continente devono uniformarsi, altrimenti sono invasori e non immigrati, afferma che si sposino donne, e non bambine, e che siano consenzienti. Non deve succedere, come normalmente succede sul suolo italiano, che una quattordicenne nata in Italia, dopo l’esame di terza media sia data in sposa a un cugino pachistano mai visto prima. Non deve succedere, come sta succedendo nella multiculturale Gran Bretagna, che centinaia di bambine di 9 anni siano già spose, e vadano a scuola con la divisa scolastica, gonna scozzese, camicia bianca e velo, che copre lo scempio di una deflorazione oscena e ignobile.
La cultura dell’Europa, quella cui tutti devono integrarsi, è la cultura che garantisce il diritto di seguire la propria fede e dichiarare le proprie idee senza essere minacciati di morte, diritto negato a tale signor Ratzinger, by the way il capo della cristianità cattolica, condannato a morte da ben più di una fatwa dopo il discorso di Ratisbona. Quel discorso è stato pagato lacrime e sangue. E l’infinita schiera degli aspiranti servi, il termine corretto è dhimmi, lo ha definito provocatorio. Stupidamente provocatorio. Follemente provocatorio. In quale parte della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo è scritto che è buona cosa limitare la libertà di parola per non offendere la suscettibilità altrui? Da quando la suscettibilità è un diritto umano? A proposito del discorso di Ratisbona, amati colleghi, voi ricordate che l’intellettuale francese Robert Redeker per un unico articolo pubblicato su Le Figaro è stato condannato a morte da cittadini islamici, tutti di seconda o terza generazione, e deve vivere come un fantasma, esattamente come di seconda generazione erano i criminali assassini che hanno guidato gli aerei l’11 settembre, l’assassino di Theo Van Gogh, gli assassini di Londra?
L’assassinio di Theo Van Gogh: vogliamo parlarne? L’80 % degli imam delle moschee europee ha approvato esplicitamente quell’assassinio. Il restante 20 % ha affermato che se esistesse una legge che punisce penalmente chi osa mancare di rispetto all’islam, il doloroso episodio sarebbe stato evitato.
E adesso arriviamo al punto. Je suis Charlie. Il periodico francese ha dichiarato che si rinchiude nell’autocensura. Non toccherà più l’islam. Si sfogheranno sul cristianesimo. Je suis Charlie ha squittito l’Europa, che si è ben guardata di dire Je suis Theo Van Gogh, Benedetto XVI, Asia Bibi. Je suis Charlie, sottomesso all’islam, pieno di protervia e violenza contro il cristianesimo e di viltà per l’islam.
Moi je ne se suis pas Charlie, io sono Silvana De Mari, disposta a morire per affermare che l’islam non è una religione di pace, ma di guerra, di odio all’uomo e alla libertà.