Negli ultimi decenni, il pensiero economico dominate ha praticamente discusso e si è interrogato su una serie praticamente infinita di situazioni riguardanti il funzionamento dell’economia, il sistema finanziario, le politiche fiscali e monetarie poste in essere dagli Stati sovrani, ma pochissima attenzione è stata riservata allo studio della moneta.
Cos’è infatti la moneta? Possiamo in prima istanza definire la moneta secondo il pensiero di Aristotele che la descrisse come “la misura del valore”.
Infatti la moneta serve per misurare il valore dei beni e servizi creati dall’uomo attraverso il lavoro od altre attività.
Chiediamoci a questo punto cos’è il valore e da dove nasce quello della moneta.
Molti pensano, o meglio sono indotti a credere, che il valore della moneta nasca dal lavoro, che dipenda dall’oro delle riserve della Banca Centrale, altri ancora che il valore della moneta risulti dalla capacità di un Paese di produrre ed esportare merci e servizi o dalla quantità di moneta in circolazione.
Niente di tutto ciò però è corretto.
Il valore della moneta è un valore indotto perché generato dalla accettazione della moneta da parte della collettività degli uomini vivi, ovvero nasce per convenzione per il solo fatto che ci mettiamo d’accordo che abbia valore.
Un esempio chiarirà questo punto:
se mettessimo il Governatore Draghi su di una isola deserta a stampare euro non si creerebbe alcun valore; ma se sull’isola vivesse una comunità di persone, che accettasse l’euro come mezzo di scambio e di pagamento dei tributi, allora si creerebbe il valore .
Dunque siamo noi, la collettività che diamo valore alla moneta e non è l’attività umana , lavorativa, della Banca Centrale ,dell’esportazioni,… che ne determinano il valore.
Il valore nasce per convenzione.
Ancora sulla definizione del valore: il valore di un bene è rappresentato dalla previsione di utilizzo di quel bene, attiene quindi ad una dimensione temporale e non fisica (si distingue tra momento strumentale che attiene all’oggetto e momento edonistico che riguarda il godimento del bene da parte del soggetto) .
Il coltello ha valore perché io prevedo di tagliare; la penna ha valore perché prevedo di scrivere; la moneta ha valore perché prevedo di spendere.
Chiarito che la moneta è la misura del valore; che detto valore è creato dalla collettività che accetta la moneta e consta in una previsione di spesa della stessa , dobbiamo chiederci di chi sia la moneta.
Non si sa!! O meglio ci hanno fatto credere che sia la nostra, ma non è così. Quando noi abbiamo il denaro in tasca ne abbiamo la proprietà temporanea che dura esattamente quanto è lungo il prestito che ci ha permesso di ottenerlo.
Ed è qui che sorge il grande inganno; il prestito ce lo fa la Banca Centrale che all’atto dell’emissione presta il denaro indebitando la collettività .
E poiché l’atto del prestare è proprio di chi ha la proprietà di un bene, la Banca Centrale prestando espropria la collettività della sua moneta, indebitandola ed applicandoci sopra anche gli interessi.
In virtù di cosa la BC presta? ha forse una riserva d’oro a garanzia dell’emissione? no, non più dal 1971 ed allora perché presta?
Dove è scritto di chi è la proprietà dell’euro?
Perché sulle banconote in euro è scomparsa la dicitura “pagabile a vista al portatore” presente invece sulle vecchie lire?
Tentativi di riuscire a determinare per via giudiziale di chi sia la proprietà della moneta ed a chi spetti il relativo aggio d’emissione, chiedendo il risarcimento del danno derivante dall'illecita attribuzione del reddito da signoraggio, sono stati intrapresi in Italia nel recente passato ed hanno visto esiti alterni e complessivamente negativi.
Ad un primo giudizio favorevole dinanzi al Giudice di pace di Lecce, dott. Cosimo Rochira, che aveva accolto in pieno le tesi del ricorrente in giudizio, condannando la Banca d’Italia "a corrispondere all'attore la somma di euro 87 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio, oltre a interessi...", ha fatto poi seguito la sentenza della Corte di Cassazione n.16751 del 22/06/2006 che ha completamente ribaltato il giudizio di primo grado, arrivando a condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali .
Il Giudice di pace, dott. Rochira, perveniva alla determinazione della sentenza di condanna ai danni della Banca Centrale d’Italia s.p.a. attraverso una verifica della compagine azionaria della Banca Centrale, in cui risultavano presenti numerosi soggetti privati (Unicredit, Intesa, Generali, BNL,…) in aperta violazione “del disposto dell'art. 3, 3 comma dello statuto della Banca d'Italia, infatti prevede che le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio Superiore, solamente da uno all'altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.Risulta, invece, che solo il 5 % è posseduto dall'INPS ( Ente Pubblico ), il restante 95 % appartiene ad privati Gruppo Intesa Gruppo San Paolo IMI Gruppo Assicurazioni Generali BNL ecc..Il C.T.U., nella sua relazione, ha chiarito che il reddito dell'istituto, causato dall'attività e dalla circolazione di moneta posta in essere dalla collettività nazionale, dovrebbe vedere lo Stato quale principale beneficiario e non gruppi di privati.”
Nel successivo grado di giudizio, la Corte di Cassazione annullava la sentenza di primo grado accogliendo il ricorso della Banca d’Italia con le seguenti motivazioni, ovvero che:
in primo luogo, il Giudice di Pace non aveva la legittimità per convocare in giudizio la Banca Centrale Europea, né tantomeno considerare la Banca d’Italia come “articolazione locale” e dunque procedere giudizialmente nei suoi confronti “..Ne consegue che il contraddittorio instaurato nei confronti della sola Banca d'Italia, priva di legittimazione processuale sostitutiva della Banca Centrale Europea, non può dirsi in alcun modo instaurato anche nei confronti di quest'ultima. In una siffatta situazione, caratterizzata dall'inesistenza assoluta della notifica dell'atto di citazione a detta Banca Centrale Europea, nessuna pronuncia il giudice avrebbe quindi potuto emettere nei confronti di essa.”;
in secondo luogo, per la Cassazione il giudice italiano è privo di giurisdizione non essendo assolutamente configurabile in capo alla collettività nazionale o ai suoi singoli componenti, una posizione tutelabile in termini di diritto soggettivo in presenza di una pubblica potestà, qual è quella riguardante l'emissione della moneta ad opera di un'autorità sovranazionale;
in ultima istanza, la pretesa dell’attore di porre in discussione le scelte con cui lo Stato, attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, esula dall'ambito della giurisdizione, sia essa quella del giudice ordinario sia del giudice amministrativo, in quanto al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sopranazionali.
E’ quantomeno curioso che in un Paese in cui la magistratura ha il potere di esprimersi in ogni campo, dalla salute dei cittadini( ad esempio ammettendo o meno determinate cure), alla politica industriale ( decidendo di chiudere stabilimenti come l’ILVA), alla religione (decidendo di volta in volta quali simboli religiosi possono o debbono essere presenti in luoghi pubblici), non possa però trattare della moneta!! Solo la moneta è tabù!!
La causa è stata dunque persa ma il nodo da definire non è stato risolto, anzi. Le motivazioni con cui la Cassazione ha annullato la sentenza di primo grado nulla hanno chiarito sugli interrogativi chiave: di chi è la proprietà della moneta? perché la BCE presta denaro attribuendosene la proprietà? in virtù di cosa essa incassa il reddito da signoraggio sostituendosi alla collettività degli uomini, che accettandola come mezzo di pagamento e di scambio ne creano il valore?
Tutte domande che non hanno trovato compiute risposte e che anzi gettano ombre sempre più fosche sull’intero sistema di creazione del danaro e su come questo abbia nel corso degli anni, espropriato ricchezza ai danni dei popoli del mondo a vantaggio del sistema bancario globale.
L’emissione della moneta di Stato, l’esercizio di un diritto sovrano, quale quello di emettere direttamente la moneta senza indebitarsi con alcuno è parte sostanziale di un ampio quadro di riforma del sistema bancario complessivo ad oggi divenuto indifferibile, tendente a prefigurare una Banca Centrale al servizio dello Stato ed un sistema bancario cui sia impedito di creare moneta sottoforma di debito, limitando la capacità di prestare denaro del sistema all’effettiva entità dei depositi bancari ed indirizzando il credito verso settori produttivi e non destinandolo a finanziare bolle speculative ( come il recente boom immobiliare, quello dei titoli internet negli anni 2000,..ed altri ancora).
LA SENTENZA DI CONDANNA DELLA BANCA D'ITALIA PER SIGNORAGGIO
Giudice di Pace Lecce, sentenza 26.09.2005 (Antonio Tanza)
E' appena stata pubblicata, mediante deposito in cancelleria, la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Lecce avv. Cosimo Rochira sul tema scottante del cosiddetto diritto di "signoraggio", ovvero la sentenza che dichiara illegittime le somme percepite dalla Banca che emette la moneta.
Una articolata motivazione sorregge l'inequivocabile dispositivo di condanna "a corrispondere all'attore la somma di euro 87 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio, oltre a interessi...".
L'impianto argomentativo seguito dal giudice verte sulla vexata quaestio della proprietà non più pubblica della Banca d'Italia.
L'Italia, anomalia planetaria, ha la sua Banca Centrale quasi totalmente (95%) nelle mani dei privati. Quand'anche il diritto di signoraggio fosse legittimo (e non lo è! Cfr www.signoraggio.com), non sarebbe legittimo distrarre enormi somme verso soggetti privati, sottrendole allo Stato e cioè ai cittadini!
Per circostanze e coincidenze del tutto casuali, la materia trattata nel procedimento n. 371204 RG, introdotto con la pionieristica citazione notificata in data 19 ottobre 2004, ha assunto un'attualità eclatante a seguito del recentissimo, e tuttora in corso, dibattito politico sulla natura, organizzazione, proprietà e finalità della Banca d'Italia.
Il Parlamento italiano, infatti, sarà a breve chiamato a discutere in sede legislativa la riforma della Banca Centrale approntata dal Governo (vedi Emendamento al testo del DDL Risparmio relativo alla Riforma della Banca d'Italia approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 settembre 2005).
In verità, i mass media hanno dato risalto alla durata e ai poteri del Governatore, senza avvedersi che tale profilo rappresenta una conseguenza naturale e, per certi aspetti, ovvia, rispetto alla principale questione della proprietà dell'azionariato della banca centrale e quindi del diritto a partecipare agli utili (cfr. "L'assetto proprietario sarà trasparente" di Isabella Bufacchi in "Sole 24 ore" del 26 agosto 2005; cfr. "Dossier sulle intercettazioni. La controffensiva di Castelli" di Marco Cremonesi in "Corriere della Sera" del 30 agosto 2004; cfr. "Quel paradosso delle banche padrone dell'arbitro" di R. Boc. in "Sole 24 ore" del 31 agosto 2005).
In altri termini, il dibattito che è scaturito dalla cd. vicenda Fazio, non è tanto sulla regolamentazione del poteri e sulla durata in carica del Governatore, quanto una meritoria presa di posizione dello Stato Italiano di riappropriarsi di risorse (nella specie il cd. reddito di signoraggio), dal quale era stato, seppur in parte qua, espropriato in favore di soggetti privati.
Invero, è singolare, se non addirittura assolutamente inaccettabile, che l'istituto di emissione di uno stato sovrano sia, in primis, una società per azioni commerciale, nonché partecipato, per la maggioranza assoluta, da soggetti privati che nulla hanno a che vedere con le ragioni pubbliche che dovrebbero presidiare ogni determinazione relativa alla banca centrale.
La questione è assurda solo ove si pensi che la stessa Banca d'Italia nel suo statuto all'art. 3, comma 3, così recita: "Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad un altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici." (si veda Statuto della Banca d'Italia approvato con Regio Decreto dell'11 giugno 1936 n. 1067 e ss).
Per entrare nel dettaglio della sentenza, come chiarito in modo mirabile nella stessa CTU depositata nel fascicolo, il reddito dell'istituto, causato dall'attività e dalla circolazione di moneta posta in essere dalla collettività nazionale, dovrebbe vedere il Popolo e, quindi, lo Stato quale unico beneficiario e non certo soggetti terzi, aventi natura privata e finalità di lucro tra i principali fruitori.
Oramai è stato reso pubblico da uno studio di Mediobanca, riportato da molti giornali (cfr. "Gli azionisti" su "Sole 24 ore" del 16 febbraio 2002 pag. 7), che la Banca d'Italia, contrariamente a quanto previsto dalla legge, è l'unica Banca Centrale mondiale ad avere il capitale pressocchè interamente privato (cfr. il dettaglio delle 85 partecipazioni di ogni singolo ente privato nel capitale della Banca d'Italia: si tratta di banche e società assicuratrici).
Detta illegittime partecipazioni, oltre all'ingiusto lucro derivante dal c.d. diritto di signoraggio, fruttano una comoda giustificazione dei bilanci interni a detti istituti.
Tale situazione andrà a cessare per applicazione delle norme (già esistenti: art. 3 del predetto Statuto) e ulteriore determinazione legislativa, ma, sulla base dei principi generali dell'ordinamento giuridico, non è legittima anche attualmente, posto che gli utili devono alternativamente essere attribuiti allo Stato o, per esso, ad ogni singolo componente la collettività nazionale.
Ne discende che all'inerzia dello Stato può sostituirsi, in surroga, il singolo cittadino, come è avvenuto nel presente giudizio, in quanto il De Gaetanis ha agito per conseguire il risarcimento del danno derivante dall'illecita attribuzione del reddito da signoraggio in favore di soggetti che, ab origine e per la loro natura, non hanno titolo a percepire alcun provento dalla circolazione monetaria..
Il dibattito in corso e l'unanime plauso per la restituzione alla proprietà pubblica della Banca d'Italia, previa trasformazione in ente pubblico e sospensione del diritto, medio tempore, dei soggetti privati a conseguire il dividendo, conforta il Giudicante nell'adozione della decisione, posto che la giustezza in diritto e, comunque, l'equità della sua determinazione coincide con il comune sentire e con i principi cardine dell'ordinamento giuridico, che impediscono a terzi, non aventi titolo o legittimazione, di arricchirsi indebitamente.
Il Giudice adito ha conformato quindi il diritto vigente alle esigenze di giustizia ormai recepite de iure condendo.
(Altalex, 3 ottobre 2005. Nota di Antonio Tanza)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI LECCE
Avv. Cosimo Rochira ha pronunciato la seguente
SENTENZA,
nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine, avente l'oggetto pure a margine indicato, discussa e passata in decisione all'udienza del 8.07.2005,
promossa da
DE GAETANIS GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli aw. A. Tanza e A. Pimpini
ATTORE
C/
BANCA CENTRALE EUROPEA-BANCA CENTRALE D'ITALIA S.P.A.
rappresentata e difesa dagli avv. M. Perassi, M. Mancini, A. Frisullo
CONVENUTA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 12.10.2004, Giovanni De Gaetanis conveniva in giudizio "la Banca centrale europea, e, per essa, la locale articolazione individuata nella Banca Centrale d'Italia s.p.a" chiedendo di accertare incidenter tantum e dichiarare che la proprietà della moneta è della collettività nazionale europea, mentre la Banca Centrale ha unicamente il compito di provvedere alla stampa. In conseguenza di ciò, dichiarare che l'intera Massa Monetaria in circolazione è di proprietà dei componenti dell'Unione Europea, e che, per l'effetto, il Debito Pubblico non esiste, dovendosi, al contrario, ritenerlo Credito Pubblico. In conseguenza di ciò condannare l'Istituto di emissione al pagamento della somma, forfettariamente indicata, di €. 1.100,00 con espressa rinuncia al sovrappiù. Condannare altresì il convenuto, al pagamento delle spese, diritti e onorari di causa
La Banca d'Italia, si costituiva in giudizio all'udienza del 26 novembre 2004, chiedendo il rigetto di tutte le domande ex adverso proposte siccome improponibili ed inammissibili e comunque infondate, nonché spiegando domanda riconvenzionale per la condanna di controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. In particolare la convenuta eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, l'assoluta carenza di azione, di interesse di agire e di legittimazione attiva in capo a parte attrice e l'infondatezza nel merito delle richieste avversarie.
All'udienza del 17 dicembre 2004, veniva respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dalla Banca d'Italia ed ammessa la C.T.U richiesta dall'attore.
All'udienza dell'8 luglio 2005 le parti presentavano le proprie controdeduzioni tecniche alla CTU, precisavano le conclusioni riportandosi ai rispettivi scritti
difensivi, quindi la causa veniva trattenuta per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si premette che la causa, dato il suo valore sino ad € 1.100,00, viene decisa ex art. 113, 2° comma c.p.c. secondo equità ed in osservanza delle norme e dei principi informatori della materia.
La domanda è fondata, pertanto va accolta per quanto di ragione. L'eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalla convenuta è infondata anche alla luce delle conclusioni del CTU dott. Mazzeo Maurizio il quale individua nella Banca d'Italia il soggetto che trae gli utili dal reddito di signoraggio,come risulta dal bilancio della stessa Banca. Peraltro l'atto introduttivo risulta esser stato ritualmente notificato alla Banca centrale europea e, per essa, alla locale articolazione individuata nella Banca Centrale d'Italia S.p.A.
La domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta ex art.96 c.p.c. non può, certamente essere accolta, oltre che per la fondatezza della domanda attrice che pertanto escluderebbe l'accoglimento del punto relativo alla condanna per temerarietà, anche per la pacifica circostanza che la formulata domanda ex art. 96 c.p.c. non può essere che equiparata all'accessorietà delle spese processuali che giammai possono essere tenute in conto nella determinazione del valore della causa anche per la impossibile unilaterale determinazione da parte del richiedente.
L'elaborato peritale ha anche chiarito l'esistenza dell'interesse ad agire e la legittimazione attiva del De Gaetanis, avendone determinato l'esatto diritto al risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio. Al C.T.U. veniva formulato il quesito di accertare di chi fosse la proprietà della moneta ed, in particolare se questa fosse della collettività nazionale o di altro ente, accertando il danno medio derivante dal cosiddetto debito di signoraggio.
Questo giudizio si fonda, dunque, sulla C.T.U. che risulta essere ben motivata e scevra di alcun vizio e/o difetto logico e/o di motivazione. La relazione tecnica descrive, in breve la storia della Banca d'Italia, gli aspetti istituzionali, le funzioni, i criteri operativi ed i fini istituzionali.
Questi fini di natura pubblica la Banca d'Italia assolve in piena autonomia e indipendenza, ritraendone gli utili e i frutti, che divide tra i "partecipanti" come una società per azioni.
Lo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea definisce reddito monetario (art.32) il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell'esercizio funzioni di politica monetaria del Sebc. Lo Statuto fissa anche le regole per la determinazione del reddito monetario e per la sua distribuzione tra le banche centrali dei paesi partecipanti all'euro. Prima di esaminarle, il perito ha ritenuto opportuno chiarire il concetto di reddito monetario.
Quando la circolazione era costituita soprattutto da monete in metalli preziosi (oro e argento), ogni cittadino poteva chiedere al suo sovrano di coniargli monete con i lingotti d'oro e argento che egli portava alla zecca.
Il sovrano, ponendo la sua effigie sulla moneta, ne garantiva il valore, dato dalla quantità e dalla purezza del metallo in essa contenuto. In cambio di questa garanzia, tuttavia, tratteneva per sé una certa quantità di metallo: l'esercizio di questo potere sovrano venne chiamato signoraggio.
Introdotta la circolazione della moneta cartacea, slegata dall'oro ( soppressione delle c.d. riserve auree), sono mutate le modalità di formazione del signoraggio, ma non la sua natura, che resta quella di un introito dello Stato connesso con l'emissione di moneta.
Il CTU ha determinato il reddito monetario, come la differenza tra gli interessi percepiti sulle attività e il costo, modesto, di produzione delle banconote, chiarendo che costituisce il moderno reddito di signoraggio, o reddito monetario, proprio lo scarto tra il primo ed il secondo importo.
La domanda dell'attore è altresì fondata sulla violazione del disposto dell'art. 3, 3 comma dello statuto della Banca d'Italia, infatti prevede che le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio Superiore, solamente da uno all'altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.
Risulta, invece, che solo il 5 % è posseduto dall'INPS ( Ente Pubblico ), il restante 95 % appartiene ad privati Gruppo Intesa Gruppo San Paolo IMI Gruppo Assicurazioni Generali BNL ecc..
Il C.T.U., nella sua relazione, ha chiarito che il reddito dell'istituto, causato dall'attività e dalla circolazione di moneta posta in essere dalla collettività nazionale, dovrebbe vedere lo Stato quale principale beneficiario e non gruppi di privati.
Il C.T.U. conclude che, per il periodo preso in esame 1996-2003, la sottrazione del reddito di signoraggio in danno alla collettività (quota attribuita a soggetti privati dalla Banca d'Italia) può determinarsi alla luce dei suddetti criteri e dei prospetti analitici di calcolo riportati nelle relazione peritale, in complessivi €.87,00 corrispondenti ad un danno medio rilevato per cittadino residente alla data del 31.12.2003.
La somma complessiva che spetta, quindi, all'attore per il titolo dedotto in giudizio ex art. 2033 e 2041 C. e. è di € 87,00.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Lecce, avv. Cosimo Rochira, definitivamente
pronunciando cosi provvede:
a) Accoglie la domanda per i suddetti motivi e condanna la convenuta, anche in via equitativa, a corrispondere all'attore la somma di € 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio, oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo;
b) non accoglie la domanda riconvenzionale per le ragioni di cui in motivazione;
c) compensa le spese di giudizio in considerazione della novità della
questione trattata;
d) pone le spese di C.T.U. a carico della convenuta soccombente.
Così deciso oggi in Lecce, 15 settembre 2005.
Il Giudice
Cosimo ROCHIRA
Depositata in Cancelleria il 26 settembre 2005
Il Cancelliere
Carlo DELLI NOCI