Abbiamo da tempo maturato la convinzione che il Governo italiano non abbia alcuna intenzione di affrontare, superare e finalmente sconfiggere la crisi economica che sta logorando il nostro Paese dal 2007.
Renzi procede per slogan, confondendo l’opinione pubblica, raccontando bugie e menzogne come quando dichiara che “non metteremo nuove tasse” ma la verità è che nel 2016 i cittadini italiani ne pagheranno circa 30 miliardi in più rispetto al 2015.
Si privatizzano le Poste, racimolando la miseria di poco più di 3 miliardi, rinunciando di fatto all’unica banca pubblica rimasta in Italia, il Medio Credito Centrale, perdendo così la possibilità di risparmiare decine di miliardi l’anno grazie alla diminuzione della spesa per interessi sul debito.
Si racconta, a parole, di fare investimenti per la crescita, mentre nella realtà detti investimenti sono la metà di quello che lo Stato spende ogni anno per pagare gli interessi passivi sul debito pubblico.
Ci dicono che hanno ridotto la disoccupazione all’11,9%, omettendo di dire però che nel contempo si è anche ridotto il numero degli occupati e che la riduzione “risibile” del tasso di disoccupazione è in realtà dovuta al fatto che le persone sono scoraggiate e dunque scivolate nel “girone degli inattivi”.
Chiariamo un punto: al Governo non ci sono degli incapaci, ma semplicemente figuri fanno gli interessi del sistema bancario e finanziario, seguendo pedissequamente le linee dettate dalla BCE. Degli italiani, dei loro drammi e della loro condizione, importa poco o nulla.
Il punto è: ma davvero risollevarsi da questa crisi è impossibile? Siamo davvero impotenti? Cosa diamine potremmo fare nel concreto?
In verità, basterebbero pochi atti di buon senso per completamente ridisegnare lo scenario italiano. Questi atti di buon senso però, purtroppo per noi, non trovano molto spazio tra le miriade di strategie farlocche e fantasiose che imperversano sui media, nelle conferenze e tra accademici al soldo del sistema bancario.
Un recente studio di Mediobanca ha confermato la nostra strategia per ridare slancio all’economia italiana, che poggia sulla realizzazione di tre condizioni, una delle quali è proprio l’introduzione dei CCF. Nello studio di Mediobanca del Novembre 2015, si evidenzia come l’introduzione di una moneta parallela, i Certificati di Credito Fiscale ideati da Marco Cattaneo, porterebbero ad incrementi del PIL non più dello zero virgola, ma del 3%. Il tutto senza creare tensioni inflattive ed anzi producendo effetti virtuosi sui conti pubblici.
Ricordiamo che la depressione dell’economia italiana è essenzialmente dovuta ad una improvvisa ed artificiale restrizione della moneta e del credito, operata simultaneamente sia dallo Stato, mediante demenziali politiche di austerità, che dal sistema bancario, il quale ha ridotto il credito erogato dopo aver invece finanziato in maniera impressionante per anni, principalmente il settore immobiliare, finanziario ed il credito al consumo.
Per uscire dalla crisi economica è semplicemente necessario aumentare la quantità di moneta in circolazione ma senza ricorrere ad un aumento del credito privato concesso dal sistema bancario (come invece chiede la BCE).
La strategia che qui si propone per ridare slancio all’economia reale del Paese è dunque la seguente.
1-Il primo passo, fondamentale, è quello di nazionalizzate una banca, ovvero avere un istituto di credito pubblico che abbia la possibilità di partecipare all'asta per il collocamento dei titoli di stato, il che permetterebbe di controllare il costo degli interessi passivi. La banca pubblica infatti riceverebbe finanziamenti dalla Banca Centrale Europea al tasso refi (tasso per le operazioni di rifinanziamento), attualmente pari a 0,05% di interesse, in modo tale da poterli utilizzare per comprare i Titoli di Stato eventualmente rimasti invenduti alle aste di collocamento, comprimendo verso il basso i tassi sui titoli stessi.
2- Lo Stato italiano avendo ancora il pieno controllo delle sue politiche fiscali, sulle quali l'Unione Europea e la Banca Centrale Europea non hanno competenza, dovrebbe emettere Certificati di Credito Fiscale, abbreviato CCF, che attribuiscono al possessore il diritto di usufruire di una "riduzione delle tasse dovute" pari al valore nominale del Certificato stesso, che può essere sottratto direttamente dal debito d'imposta dovuto ed è limitato al suo ammontare, ma utilizzabile solo dopo due anni dalla data di emissione del CCF.
Il CCF non comporta nella maniera più assoluta alcun pagamento da parte dello Stato, né prima della data prevista dal Certificato stesso, né dopo quella data, perché per il suo utilizzo c'è bisogno che il possessore abbia delle tasse da pagare e di importo superiore al valore nominale dei CCF e dunque non rappresenta un debito per lo Stato.
Lo Stato italiano dovrebbe emettere nei prossimi 2 anni 150 mld di euro all'anno di Certificati di Credito Fiscale senza interesse, per un totale di 300 mld di euro, per aumentare la moneta circolante nell'economia reale mettendola direttamente nelle tasche dei cittadini italiani.
3-Lo Stato Italiano conservando ancora il pieno controllo delle sue politiche fiscali dovrebbe smettere di emettere BTP sostituendoli con dei Titoli Di Stato a valenza fiscale in maniera (TSF) ovvero utilizzabili per pagare le tasse al loro valore nominale.
Questa misura ridurrebbe non solo gli interessi sul debito pubblico, ma impedirebbe alla speculazione finanziaria di attaccare il debito come accaduto nel 2011, evento che ha contribuito a creare il panico tra la popolazione ed ha permesso l’insediamento di Governi di diretta emanazione della BCE, FMI, UE.
In conclusione, a fronte di un dibattito in Italia francamente inesistente o peggio ancora, triste e deprimente, in cui si continuano a proporre soluzioni irrealizzabili ed evanescenti tipo l’uscita dall’Euro in una notte, oppure programmare una uscita dalla moneta comune con l’appoggio delle stesse istituzioni finanziarie, il che appare piuttosto ingenuo e sconfortante, restiamo convinti e confidenti che questa sopra descritta sia la migliore delle strategie al momento possibile, perché immediatamente applicabile ed in grado di impattare positivamente l’economia.