In un Paese civile avremmo ringraziato Daniela Santanché per aver promosso un’iniziativa pubblica volta ad assicurare il rispetto delle leggi dello Stato e a porre un argine all’arbitrio, all’arroganza e alla violenza che connota il comportamento dei fanatatici di Allah che considerano l’Italia terra di nessuno e sono votati alla causa di redimerla in terra islamica. Ma evidentemente il degrado in cui siamo sprofondati non è solo economico e sociale ma investe una magistratura che relativizza il diritto facendo prevalere la dimensione formale su quella sostanziale, finendo per anteporre la sharia e sottometterci all’islamicamente corretto. Nel caso specifico lo Stato continua a tollerare la flagrante violazione della legge che vieta di coprirsi il volto nei luoghi pubblici, così come gli italiani sono costretti a tollerare l’oltraggio alla dignità della donna il cui corpo, ritenuto di per sé peccaminoso dagli islamici, viene occultato avvolgendolo in una gabbia di stoffa. Manifestare a favore della legge e a tutela della dignità della donna dovrebbe essere considerato un dovere civile meritevole di plauso ed encomio da parte di tutti noi. Ma evidentemente la magistratura che ha condannato a un mese di carcere la Santanché non ci rappresenta, non ha a cuore il bene degli italiani e condivide con gli islamici l’immagine di un’Italia senza radici, identità, valori e civiltà, una landa deserta dove gli islamici piantano la loro tenda e dettano le loro condizioni. Compreso il diritto dell’imam della moschea di Segrate Abu Shwaima di condannare la Santanché a morte, stabilendo sin d’ora che merita il “fuoco del giorno del giudizio” nell’inferno islamico. Ora basta! Ribelliamoci all’invasione islamica favorita dal relativismo giuridico e religioso! L’Italia non è una terra di nessuno e non sarà mai una terra islamica!