Questo pomeriggio ho avuto il primo faccia a faccia con il ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge nel corso di un incontro con i parlamentari europei a Bruxelles. Nel mio intervento ho essenzialmente contestato la compatibilità delle sue posizioni con il suo essere ministro della Repubblica. All'inizio le ho espresso la mia solidarietà per gli attacchi razzisti che ha subito, ricordando che la persona che mi è più cara e a cui devo eterna gratitudine, mia madre, era di origine sudanese ed era di carnagione scura. Ho precisato che la mia critica non è rivolta a lei come persona né al suo essere politico di sinistra, bensì alle posizioni assunte nella sua veste di ministro della Repubblica.

Ho detto che è incompatibile l'aver giurato sulla Costituzione di servire l'interesse “esclusivo” della nazione e, pochi giorni dopo, sostenere che “non potrei essere interamente italiana” perché “ho due identità, due culture, due paesi”.

Ho detto che è incompatibile per un ministro della Repubblica essere il portavoce nazionale del Movimento 1° marzo che promuove annualmente una manifestazione nazionale degli immigrati contro il razzismo in Italia.

Ho detto che è incompatibile per un ministro della Repubblica promuovere in tutt'Italia lo ius soli, ossia la cittadinanza automatica a chi nasce in Italia, contravvenendo alla nostra Costituzione e alle nostre leggi che si fondano sullo ius sanguinis e quando l'insieme dei paesi dell'Unione Europea fanno ugualmente riferimento allo ius sanguinis, aggiungendo che oltretutto il tema della cittadinanza non è di competenza del ministero dell'Integrazione.

Ho detto che è incompatibile per un ministro della Repubblica promuovere l'abolizione del reato di clandestinità quando la legge italiana e la legge di tutti gli Stati del mondo, compreso lo Stato del Vaticano, sanzionano come reato l'ingresso illegale nelle proprie frontiere. Le ho domandato perché mai l'Italia dovrebbe essere l'unico paese al mondo che dovrebbe legalizzare l'ingresso illegale dei clandestini e le ho ricordato che in Internet circola una sua foto in cui lei mostra uno striscione con la scritta: “La clandestinità non è reato”.

La Kyenge ha risposto con pacatezza e professionalità, degna di un politico consumato, spiegando che lei ha una sola nazionalità e un solo passaporto, quello italiano, mentre il discorso della identità plurale è un qualcosa che attiene alla libera valutazione dei singoli.

Ha negato di essere attualmente la portavoce nazionale della Rete del 1° marzo chiarendo che sarebbe in contrasto con l'essere ministro della Repubblica che rappresenta indistintamente tutti gli italiani. Eppure dall'accertamento fatto immediatamente dopo il nostro incontro, sul sito della Rete http://primomarzo2010.blogspot.be/2009/10/chi-siamo.html

risulta che la portavoce è sempre Cecile Kashetu Kyenge.

Ha ammesso che la tematica della cittadinanza e della clandestinità non sono di competenza del suo ministro ma ha affermato che lei partecipa all'elaborazione di posizione nuove conformemente alla realtà nuova dell'Italia.

Alla fine dell'incontro le ho stretto la mano così come avevo fatto al suo arrivo. Non ho assolutamente nulla di personale nei suoi confronti. Ha dimostrato di essere persona dai modi affabili, un oratore capace, un politico abile nel dribblare gli attacchi apparentemente più pesanti ma di fatto più facili da demolire come quelli di Mario Borghezio che ha nuovamente fatto una magra figura quando, di fronte alla sua insistenza a manifestare pubblicamente la sua condanna della poligamia, lei gli ha ricordato che ha scritto addirittura un libro in cui condanna la poligamia. La Kyenge è stata brava come politico ma è incompatibile come ministro. La mia battaglia, esclusivamente politica, per chiedere le sue dimissioni continuerà.