(Il Giornale) - Non commentiamo l’errore madornale di sottovalutare la presenza in Italia di autoctoni convertiti all’islam e arruolati nel terrorismo islamico globalizzato, riducendolo a un fatto di cronaca, sicuramente eclatante, ma che si archivia dopo qualche giorno.
Ricordo che quando nel 1999 rivelai da Londra la presenza di campi di addestramento alla guerra santa islamica sul territorio britannico, il fatto suscitò più incredulità che preoccupazione. Solo quando il 7 luglio 2005 quattro terroristi suicidi britannici, tra cui un convertito, si fecero esplodere nella metropolitana e nel centro di Londra, il governo di Tony Blair capì che aveva la guerra in casa e denunciò i predicatori d’odio annidati nelle moschee.
Ebbene dieci anni dopo dobbiamo prendere atto che l’Occidente non è più solo una “fabbrica” di terroristi islamici che vanno ad espletare il loro Jihad altrove nel mondo, ma è diventato esso stesso territorio di guerra santa islamica, dove la minaccia più insidiosa è rappresentata dagli autoctoni convertiti, proprio perché sono simili a noi, tranne il fatto di odiarci al punto da volerci sterminare o sottomettere per far trionfare lo “Stato islamico” dentro casa nostra.
I convertiti all’islam, che incarnano il terrorismo autoctono e prefigurano la guerra santa endogena, sono il cavallo di Troia permanente, il nemico interno a cui noi accordiamo i diritti sanciti dalla Costituzione, illudendoci che potremo fermarli un attimo prima che perpetrino degli attentati, grazie ad una efficacia azione di prevenzione come quella che ha portato all’arresto dei familiari di Maria Giulia Sergio, partita con il marito albanese nello “Stato islamico” dell’Isis, anche loro convertiti all’islam.
Al riguardo l’islam è categorico. Maometto, secondo la narrazione di
Abd Allah, ha prescritto che il sangue di un musulmano può essere sparso “nel caso in cui abbandona l’islam (commettendo apostasia) e lasci la comunità dei musulmani” (Hadis, 9:83:17). Il nemico interno viene immediatamente eliminato.
All’opposto l’Occidente il nemico interno lo coltiva. La profonda crisi valoriale e identitaria è il terreno fertile che favorisce l’islamizzazione delle nostre società. Il relativismo religioso, promosso anche dalla Chiesa cattolica, nobilita l’islam elevandolo a religione di pari dignità del cristianesimo. Il buonismo dilagante nega qualsiasi nesso tra l’islam e i terroristi, favorendo la diffusione delle moschee e il proselitismo islamico.
Una volta che varcano la porta dello “Stato islamico”, i nostri convertiti si vedono subito affidare i compiti più sporchi, sgozzare, decapitare, massacrare. Con le mani grondanti di sangue subiscono un trauma mentale ed affettivo che li marchierà a vita. Non illudiamoci che possano essere “recuperati” alla civiltà che esalta la sacralità della vita. Loro sono l’arma più insidiosa che ci sconfiggerà, dopo essersi trasformati in “bombe umane” dal lavaggio di cervello che subiscono nelle moschee o nei siti jihadisti, pronti ad esplodere in qualsiasi momento.