Mercoledì 17 luglio la Regina Elisabetta II ha dato il suo assenso all’entrata in vigore della legge sui matrimoni gay, che era stata approvata in via definitiva martedì dal parlamento britannico. La legge, che ha avuto l’appoggio dei leader dei tre maggiori partiti britannici – laburisti, conservatori e liberal-democratici – legalizza il matrimonio tra persone omosessuali in Inghilterra e Galles. Secondo BBC i primi matrimoni gay delle due nazioni del Regno Unito verranno celebrati l’estate del prossimo anno.
Prima dell’assenso formale della Regina, che comunque era dato per scontato, la legge era stata approvata martedì dalla Camera dei Comuni, che aveva accettato delle piccole modifiche apportate nel testo della legge dalla Camera dei Lords. La legge va a modificare le civil partnership, approvate nel Regno Unito nel 2005: lascia alle diverse istituzioni religiose del paese la libertà di scegliere se celebrare o meno le unioni omosessuali, a eccezione della chiesa anglicana, per la quale i matrimoni gay restano illegali. I matrimoni gay celebrati in Chiesa avranno anche valore civile, così come i matrimoni tra eterosessuali.
La discussione della legge sui matrimoni gay ha diviso profondamente il partito conservatore britannico del primo ministro David Cameron, che è stato uno dei più convinti sostenitori del progetto di legge. Nel corso degli ultimi mesi – la proposta si discute da gennaio, e da allora ha dovuto superare diversi passaggi parlamentari – molti dirigenti ed esponenti importanti dei tories, i conservatori britannici, si sono opposti all’iniziativa di Cameron. Tra questi ci sono stati almeno 6 whip, i membri più importanti del gruppo parlamentare, e quattro membri del governo. Il 3 febbraio scorso 25 dirigenti locali dei tories avevano chiesto di far slittare la votazione alla prossima legislatura, senza però che la loro richiesta fosse accolta da Cameron. I media britannici sono d’accordo nel ritenere che la posizione di Cameron sui matrimoni gay abbia contribuito a indebolire la sua leadership all’interno del partito.