Io amo l’Italia, il movimento politico presieduto dall’eurodeputato Magdi Cristiano Allam (gruppo EFD), denuncia il grave vulnus arrecato all’istituto della famiglia naturale fondata sul matrimonio dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4184 del 15 marzo 2012, secondo la quale le coppie omosessuali avrebbero “diritto alla vita familiare” e, al ricorrere di non meglio precisate “specifiche situazioni”, anche ad un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.

Con tale sentenza, la Cassazione esorbita dall’ambito delle sue funzioni ed attribuzioni, facendo propria una falsa concezione del principio di uguaglianza e pretendendo accomunare nella medesima disciplina situazioni ontologicamente e sostanzialmente diverse; oblitera il dettato costituzionale che, all’art. 29, riconosce come unica famiglia meritevole di tutela quella “fondata sul matrimonio”; disapplica norme di legge ordinaria, quale l’art. 107 del codice civile, secondo cui le parti di un matrimonio civile rendono la dichiarazione di volersi prendere “in marito e moglie” (presupponendo dunque la differenza e complementarietà sessuale); invade la sfera di competenza delle assemblee parlamentari elette dagli italiani, svolgendo una funzione legislativa vicaria che non le spetta e creando di fatto un nuovo tipo di famiglia, la “famiglia omosessuale”, non prevista dalla Costituzione; considera irrilevante il criterio oggettivo della distinzione biologica tra individui di sesso maschile e femminile, facendo proprio l’ideologia di gender propagandata a livello mondiale dalle lobby omosessuali ed abbracciando il criterio puramente soggettivo, instabile e non misurabile, dell’ “orientamento sessuale”.

Io amo l’Italia censura senza riserve tanto il contenuto della decisione quanto la concezione della funzione giudiziale ad essa sottesa, ovvero quella di una magistratura che, all’interno di un sistema ispirato alla separazione dei poteri legislativo, amministrativo e giudiziario, anziché limitarsi ad applicare la legge votata dai rappresentanti eletti dal popolo sovrano, si fa essa stessa creatrice di nuovi diritti, che risultano soltanto espressione dei personali, oltre che irrilevanti e discutibilissimi, orientamenti ideologici e politici dei giudici estensori delle sentenze.

In un momento in cui il tasso demografico è crollato ai minimi storici e l’Italia si trova a dover fronteggiare l’invecchiamento, apparentemente inarrestabile, della popolazione autoctona (con gravi ripercussioni anche sui sistemi di welfare e sulla produttività economica), compito primario della politica è quello di rilanciare la natalità e la famiglia naturale tra uomo e donna, non certo quello di dare pubblico riconoscimento ad unioni improduttive caratterizzate dalla transitorietà del rapporto, dal fluttuare dei sentimenti e dai problemi di natura psicologica legati all’identità sessuale, che da sempre rimangono racchiusi nell’ambito della vita individuale e personale e lì devono essere affrontati anche, se del caso, ricorrendo ad apposite terapie.